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Riflessioni sul Natale Cristiano a cura di Alberto Rossi Niente, più del Natale, scandisce meglio lo scorrere del tempo. Ma a che serve il Natale se, come si sente ripetere tante volte, “quando c’è la salute c’è tutto”? Tutto che? Certamente nessuno intende sottovalutare l’importanza di una buona condizione di salute, ma l’esperienza quotidiana ci insegna che questa frase fatta non esprime tutta la verità. Con la salute non c’è tutto. Basti pensare ai drammi ben nascosti in fondo al cuore di chi pare avere salute da vendere e che baratterebbe volentieri la sua muta sofferenza interiore con qualche acciacco fisico, pur di ritrovare la pace nel cuore. C’è un rapporto non facile tra la nostra fisicità e quel qualcosa di inesprimibile, eppure autentico, che vive dentro di noi e agita le nostre coscienze. Se fosse vero che per appagarci basta soddisfare bisogni corporali e psicologici, sarebbe più che sufficiente un Natale fatto di regali, viaggi e qualche evento extra. Ma sappiamo che non è così. Non è necessario essere credenti per percepire che il Natale evoca significati che oltrepassano la ricerca di soddisfazioni materiali. A Natale anche chi non crede è indotto a riflettere sul senso di ciò che siamo e facciamo, sebbene molti finiscano poi col soffocare tale percezione, operando una sorta di “rimozione” psicologica. Forse perché il solo pensiero è motivo di intima inquietudine. Per il credente la strada è meno dura. Il messaggio evangelico è una risposta sicuramente ben articolata a certe fondamentali domande. E non si può non riconoscere il potente effetto consolatorio della ferma fede in un Dio che ama la sua creatura e la conforta nel peregrinare in un mondo carico di sofferenza. Per il cristiano dotato di fede autentica tutti i giorni è Natale, tutti i giorni è festa. Anche nelle aspre battaglie della vita quotidiana, nella sofferenza fisica e psicologica. Anche nel più cupo dolore, è sempre Natale. E ogni altro uomo, persino quello con cui si è in lite o in gravi contrasti, è visto come irripetibile oggetto dell’amore di Dio e pertanto considerato fratello, seppur a fatica. La preziosa dignità di ogni singola persona non riesce ad emergere, come nel cristianesimo, in altre elaborazioni filosofiche e ideologiche sul significato dell’esperienza umana. Secondo altre visioni del mondo, l’uomo non è nient’altro che una trascurabile particella di un’enorme massa umana, la cui stessa vita è sacrificabile agli interessi del profitto in una società capitalistica dai deboli valori morali, o agli interessi del partito e della produzione collettivizzata in una società marxista. La rivoluzione cristiana, viva e vitale da duemila anni, promuove una visione completamente ribaltata dell’uomo, del singolo uomo, sano o malato, ricco o povero, considerato non più uno strumento ma il fine dell’organizzazione sociale umana, perché oggetto privilegiato dell’attenzione di un Dio padre di tutti. In questa ottica che permea e trascende l’immanente, bellezza, ricchezza, salute, tutto è senz’altro apprezzabile, ma allo stesso tempo è vanità, perché destinato a passare velocemente. “Vanità delle vanità, tutto è vanità..” declama il Qoèlet, uno dei più interessanti libri dell’Antico Testamento. Testo di raffinata saggezza dei nostri antichi padri che, assieme a tanti altri stupendi testi della Bibbia, andrebbe letto con attenzione, non fosse altro per il concentrato di saggezza popolare e sapienziale che racchiude e che dona gratuitamente al lettore attento e affamato di valori autentici in un mondo dominato dal freddo tecnicismo. La marcia in più del cristiano, irrobustito da una fede forte, consiste nel non attribuire valore assoluto anche alle cose più ambite della nostra vita quotidiana. Quante volte ci siamo chiesti se l’uomo è soltanto un’espressione biologica dispersa nel tempo e nello spazio senza fine. E’ forse veritiera la sorprendente affermazione (registrata il 17 dicembre 2007 durante la trasmissione “otto e mezzo” dell’emittente televisiva La7) del noto giornalista Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano “La Repubblica”, che non esiste una reale differenza qualitativa tra l’uomo e la mosca? Se così fosse, che senso avrebbero gli affanni e le preoccupazioni della nostra vita? Quale responsabilità morale attribuire a coloro che hanno ucciso migliaia di persone con la stessa disinvoltura con la quale si potrebbero eliminare sciami di mosche? Non è questa una visione disperata e disperante della propria e dell’altrui vita? Per il Cristiano l’uomo è il principale obbiettivo dello smisurato amore di un Dio padre premuroso che non si dimentica della sua creatura. “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”. Così Isaia trasmette il calore di un Amore senza fine che scioglie il gelo del rifiuto dell’accoglienza. Come non pensare allo spaventoso dramma dell’aborto, oggi così banalizzato? Sciocchezze superate? Anche duemila anni fa, la Croce era “stoltezza per i pagani” (oggi si usa il termine “non credenti”). Eppure la “stoltezza della Croce” è stata gelosamente difesa come il bene più prezioso dai padri dei nostri padri, di generazione in generazione, e consegnata alla nostra libera scelta di custodirla e trasmetterla, o buttarla via come “stoltezza”. Ma una volta rigettata non si riproporrebbe forse la stessa domanda di Pietro al Maestro: da chi andremo? Ma torniamo al Natale Cristiano. E’ una festa che dura tutto l’anno perché, come la Pasqua, genera nell’intimo del credente una gioia che sa d’infinito e che scalda il cuore più di ogni altro surrogato d’amore, perché dà significato alla nostra storia personale e collettiva. E’ come luce che squarcia le tenebre e che apre gli occhi dei ciechi. Il Cristiano autentico non ha bisogno di cercare oltre: ha già trovato la via che serve per conservare la vita. Questo è il Natale Cristiano: felicità che nessuno può toglierci senza il nostro consenso. Insomma, il Cristiano ha un asso nella manica rispetto a chi guarda a questo giorno come ad una delle tante ricorrenze a cui la società consumistica ci ha abituato. Auguro a tutti di riscoprire il senso del proprio Battesimo e di saper ammirare lo splendore della verità della Buona Novella, per una qualità della vita migliore con se stessi e con gli altri. In questa luce noi ci auguriamo Buon Natale! |
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